Necropolis

Un tempo Necropolis era stata la culla della civiltà. Ora il continente era stato diviso fra le due potenze stellari. La popolazione era stata asservita e resa incapace di ribellarsi, dopo essere stata ridotta in schiavitù. Era stato un processo lento ma inesorabile. Ogni risorsa naturale era divenuta a pagamento, dopo un lungo lavoro di demonizzazione della res publica. La mancanza di meritocrazia e la burocrazia kafkiane, aveva reso effettivamente i vari Stati sempre meno funzionali. Nelle persone era stato inculcato il mind woke virus e l’importanza di aprire le frontiere ai diversi Paesi africani e asiatici. Chi sollevava dubbi e perplessità era etichettato come razzista e messo a tacere. Tutto era andato avanti fino a che la situazione non era diventata paradossale. Chi lavorava e produceva ricchezza, conoscenza e benessere, aveva sempre meno libertà, e la maggior parte dei suoi guadagni, finivano nelle casse dello Stato, per alimentare una massa di persone che provenivano da Paesi arretrati e con problematiche sociali gravi – che significava persone affette da traumi gravi, che coincideva, a sua volta, in assenza di consapevolezza e cultura, nell’immettere problematiche sociali nella società -. Invece di progredire, si voleva regredire per distruggere la classe media, che era stata un’invenzione americana post Seconda Guerra Mondiale, e che non andava più bene alle classi dominanti.

All’inizio, due correnti differenti si erano diffuse. Il dilagare della povertà e del degrado, da un lato, e l’anti-meritocrazia dall’altro, che si auto-alimentavano come un Uroboro, creando una società sempre più ignorante e miope.

Un altro problema di Necropolis, era religioso. Le classi più ignoranti che avevano invaso il vecchio continente, erano portatori di un’ideologia bigotta che aveva come scopo quello di sottomettere la donna. Questa ideologia retrograda aveva trovato terreno fertile proprio perché a Necropolis, erano state inculcate teorie anti-evoluzionistiche e anti-spirituali proprie dell’ideologia woke e la popolazione, avendo dimenticato che i problemi nuovi non si risolvono mai con un ritorno all’indietro, da un lato si era aperta a queste ideologie retrograde, vedendole come un miglioramento dei costumi, dall’altra, priva di una propria spiritualità, non ne aveva compreso le intenzioni nefaste. La razza bianca viveva isolata fra le bidonville fatiscenti. I politici che avevano preso soldi per aprire le frontiere, erano stati costretti a fuggire molto lontano o erano stati catturati e uccisi.  

Il crescente benessere e la maggiore consapevolezza, avevano spinto le élite dominanti a destabilizzare il pianeta in questo modo, fino a che tutto non era sfuggito loro di mano.

L’unico posto sicuro del pianeta si trovava nel Far West, ma, Elias, l’eccentrico miliardario che cercava di preservare la civiltà, non poteva mettersi in contatto con i pochi superstiti che vivevano isolati nel degrado. 

Z, l’unico mezzo di informazione e non di propaganda, ormai trasmetteva solo nel Far West. Il degrado non era solo urbano e fisico, ma anche morale. Tutte le persone estremamente traumatizzate e che venivano da contesti culturali ed economici sfavorevoli, avevano immesso una serie di valori traviati nella società, che, essendo divenuti la normalità a livello statistico, non erano visti come il risultato di traumi intergenerazionali, ma come pratica normale di vita. Le relazioni fra le persone non avevano alcun valore ed erano divenute strumentali. La solidarietà e la giustizia erano concetti obsoleti e le persone si guardavano l’un l’altra con diffidenza e come un mezzo da sfruttare finché possibile. Tutta l’attenzione alla psicologia e alla psichiatria era fiorita nel vecchio impero, era stata distrutta con l’avvento della nuova cultura del ciarlatanesimo, secondo cui era sufficiente visualizzare una vita diversa e tutti i propri problemi sarebbero scomparsi. Qualora non fossero scomparsi era colpa loro o del loro dio che li aveva puniti per motivi ignoti. 

Nel cuore del Far West, tra dune scolpite dal vento e cieli infiniti, si ergeva l’oasi di pace di Elias, un rifugio di tecnologia e bellezza in un mondo che aveva dimenticato entrambe. La sua fortezza, un intreccio di acciaio lucido e pannelli solari, svettava come un faro, circondata da giardini irrigati da sorgenti artificiali, un miracolo di ingegneria in un deserto che non perdonava. Elias, un uomo dai lineamenti affilati e dagli occhi che sembravano vedere oltre l’orizzonte, era più di un miliardario: era un visionario tormentato, un profeta moderno che aveva abbandonato le ambizioni di conquistare le stelle per salvare ciò che restava della Terra. La sua mente, un vortice di idee rivoluzionarie e ossessioni, ricordava a tutti un pioniere del passato, un uomo che aveva sognato colonie su Marte mentre il mondo si sgretolava. Ma ora, isolato nella sua oasi, Elias era l’ultimo guardiano di un’umanità che sembrava non voler essere salvata.

Gli schermi di Z, il social che aveva creato per combattere la propaganda e risvegliare le coscienze, lampeggiavano nella sala di controllo, ma i loro segnali si affievolivano. Ogni notte, Elias trasmetteva messaggi di verità, frammenti di un mondo che ricordava vagamente: conoscenza, meritocrazia, libertà. Ma Necropolis, il continente che un tempo era stato la culla della civiltà, non rispondeva più. Ridotto a un mosaico di bidonville e rovine, Necropolis era un inferno di degrado morale e fisico. Le masse, un’onda di popoli traumatizzati da guerre e povertà, avevano portato con sé valori distorti, accettati come norma in una società che aveva smarrito ogni bussola. La razza bianca, confinata in enclavi fatiscenti, era un’ombra di sé stessa, mentre ideologie retrograde, mascherate da progresso, sottomettevano donne e dissidenti sotto il peso di roghi e leggi arcaiche.

Eppure, in quel caos, un segnale emerse. Nei sotterranei di una città senza nome di Necropolis, un gruppo di giovani, figli di migranti e nativi, intercettò un messaggio di Z. Non era solo la voce di Elias, ma un’eco delle sue idee, distorte dal tempo e dalla disperazione. Parlava di un’epoca in cui Necropolis costruiva cattedrali di pensiero, non rovine. Stanchi di un mondo che li aveva traditi, i giovani costruirono un trasmettitore di fortuna e inviarono una risposta: “Siamo qui. Non siamo morti. Ma abbiamo dimenticato chi siamo.”

Nella sua oasi, Elias lesse il messaggio, e un’ombra di emozione attraversò il suo volto stanco. Non era la rivoluzione che aveva sognato, ma era un segno che qualcosa, da qualche parte, ancora respirava. Rispose con una domanda: “Cosa siete disposti a sacrificare per ricostruire?” La sua voce, trasmessa da Z, echeggiò nell’etere, ma il trasmettitore dei giovani si spense dopo pochi giorni, inghiottito dal caos di Necropolis.

Il continente continuò a sprofondare. Le bidonville si espansero, i roghi illuminavano le notti, e la diffidenza tra le persone divenne l’unica legge. Ma in un angolo remoto di Necropolis, una giovane, una dei ribelli che avevano risposto a Z, custodiva una copia stampata del messaggio di Elias. Lo leggeva in segreto, sotto la luce fioca di una candela, sognando un giorno in cui il continente avrebbe potuto rinascere. Non sapeva se quel giorno sarebbe arrivato, né se lei sarebbe stata lì per vederlo.

Nell’oasi del Far West, Elias spense gli schermi di Z. Il silenzio dei giardini artificiali lo avvolse, un contrasto straziante con il destino di Necropolis. Si chiese se la sua lotta fosse stata vana, se l’umanità meritasse davvero l’oasi che lui aveva costruito. Nessuno aveva la risposta. Necropolis, il continente che era stato tutto, continuava a esistere, sospeso tra l’oblio e una scintilla di possibilità che forse, un giorno, sarebbe stata abbastanza. O forse no.

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